Sono morta. Ma non del tutto.

Sarà un anno, o forse più che non tocco questo blog.
Avevo pensato di abbandonarlo definitivamente, lasciarlo in vita sì, ma come un album di fotografie. Rimangono sempre le stesse, ingialliscono nel tempo, come le parole che ci ho scritto, in questo spazio.
Poi che ne so, presa dall’ansia, dal panico, dalla tristezza ho riaperto il cantiere. Non so se sarà davvero l’ultima volta o la prima di un nuovo capitolo.
E’ la fine del 2010. Di norma mi faccio sempre un excursus dell’anno passato e mi segno qualche piccolo promemoria per l’anno nuovo.
Quest’anno, anzi, in questo momento, proprio no.
Le uniche riflessioni che riesco a fare sono sui miei inquietanti cambiamenti. Sarà che i 21 anni sono l’età in cui si sviluppano le psicopatologie.
Sono diventata davvero chiusa, mi scoccia parlare di me, rischio di scoppiare se comincio. I miei sentimenti mi limito a scaldarli 5 minuti prima dei pasti e mi sono concentrata sul lato pratico della vita: programmare lo studio, gli esami, le vacanze, una serata divertente, lasciarmi marcire sul letto, andare in palestra, trovare tutti i materiali che mi servono. Ho finito con l’essere fredda, col sembrare un pezzo di ghiaccio. Poi ho cominciato ad odiare la gente. E’ una cosa che già facevo, ma ora, ora ha preso una piega di consuetudine.
Ho smesso di credere in tante cose. Il destino non esiste, il Karma non esiste, e Dio? Non ne ho idea, ma forse neanche voglio saperlo. Ho cominciato a perdere contatto con me stessa, capirmi è diventato difficile anche per me.
Per ovviare questo problema mi sono vestita di nero e ho indossato il mio sorriso migliore, la risata squillante e musicale che tutti riconoscono, faccio tante battute, così distolgono l’attenzione dai miei occhi. Quelli no, m’hanno sempre tradito. Puntualmente.
Piangono quando non è opportuno, sono tristi, cadono verso il basso e guardano la gente senza vederla. Che dovrei dire del mio anno?
Poteva finire meglio.
Per il prossimo, semplicemente mi auguro di riordinare i capitoli della mia vita, stabilire le priorità, scappare per un po’. Sentirmi viva, di tanto in tanto.

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Ciao mondo!!

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Follia?

 

"Mi permetta,signor giudice, di dire la mia,di opinione…
Infondo,essendo avvocato di me stessa ne ho il pieno diritto,non crede?
Bè,le dirò,caro giudice, che io non ho niente per cui chiedere scusa,anzi! Credo di avere il dovere di essere fiera del mio comportamento!
Signor giudice….se essere ancora ingenui è una colpa…bè,che mi dia l’ergastolo!
Se sapersi ancora fidare del prossimo è un reato,bè,signor giudice,sono consapevole di essere colpevole!"

"Ma signorina…"

"niente ma,signor giudice! E’ questa la realtà,saper riporre la fiducia nel prossimo è sempre più difficile e io pecco di ingenuità,sarà che credo che in ognuno ci sia qualcosa di buono, sarà che sono ottimista e credo che un pensiero giusto prima o poi tutti lo faranno…si,è questa la mia colpa.
L’ingenuità.
E non le pare che questa povera qualità sia già abbastanza calunniata e percossa dalla realtà,dalla vita stesse?
Ma signor giudice…non vede anche lei che ormai anche i bambini sono precocemente dotati di una furbizia disarmante?
Dov’è quella dolcezza,quella semplicità? Quella disarmante capacità di amare chiunque incontrino sul loro cammino?"

"Signorina…la prego…"

"Non mi interrompa,signor giudice…col dovuto rispetto,ma mi hanno sempre insegnato che parlare sopra gli altri è mancanza di rispetto,lei non crede?
Credo che non potrà negare l’evidenza,così come non posso io…
Signor giudice…ma è davvero un colpa così grande credere ancora in qualcosa?
mi dica, credere in un solo anche stupido valore, nella famiglia,nell’amore….nella giustizia?
No,sul serio, me lo dica, forse sono troppo bambina per capirle,certe cose, forse il mondo e io giriamo in due direzioni diverse.
Ma signor giudice, le pare possibile che ormai siamo tutti dei freddi pezzi di roccia?
Tutti pronti a difendersi,a cacciare le unghie…a combattere…e nessuno che difenda il più debole…nessuno che si soffermi a pensare a quanto bella sia la vita e quanto invece siano effimeri ben altri valori!
Signor giudice!
io non voglio uniformarmi a questi esseri privi di qualsivoglia sogno,speranza o pensiero, voglio continuare a sbagliare ma con la mia, di testa…
E poi,diciamocela tutta,vosto onore…si impara più dagli errori che dalle cose fatte bene…."

"Signorina…ma io…"

"Non ho ancora finito!
Certo,forse potrei anche smetterla di sprecare il fiato, di dar voce ad ogni singola utopia anche lontanamente ipotizzata da questo mondo…ma mi dica, vostro onore, vale la pena star zitti?
Vale la pena essere…remissivi? Covare sentimenti negativi dentro sè e aspettare la goccia che ci farà esplodere?
Risponda!
No, si fermi, le rispondo io….
Fortuna vuole che ci sia ancora una certa libertà di opinione e, me lo lasci dire, signor giudice, vale davvero la pena far sentire la propria voce tra la moltitudine.
Magari noi non saremo i miti del domani, non saremo come i rivoluzionari del tempo che fu…ma l’importante è provare…
Mi rimetto alla vostra sentenza…"

"Signorina!Perdinci! Io non sono un giudice! Sono solo un portiere!"

"E allora…? Con i tempi che corrono tutti si sentono giudici,avvocati e vittime di cause improbabili…"

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Divagazioni 1.0

23 dicembre 2009. E mi ritrovo a scrivere qui. Mah. Non so nemmeno se ne sono ancora capace.
Da quando sono entrata a psicologia e ho cominciato a studiare, la mia vita, sembra strano dirlo ma, è cambiata. Più che altro sono cambiata io. Ovvio. Anzi no, perchè l’ovvietà è la cecità della mente.
E’ come se la forma della mia mente fosse cambiata, i contenuti sono gli stessi, ma li elaboro diversamente. E’ come se non parlassi troppo spesso con me stessa, eppure ho ancora i miei momenti di sovraffollamento…o i momenti di rabbia viscerale e istintiva. Ho i miei flussi di coscienza, gli attacchi di panico e le crisi depressive, soprattutto quelle.
Insomma, a conti fatti…che cazzo è cambiato? Non lo so. Però so che è così.
Comunque, in realtà questo voleva essere un resoconto del mio anno. Ma sinceramente non mi ricordo niente.
Ok, scherzo, mi ricordo molte cose. Ma onde evitare di dimenticare qualcosa non le elencherò.
Bene, ora ho perso il filo del discorso, oh dannazione.
No, aspettate, devo dare un senso a questo intervento. E se un senso non ce l’avesse?
Ecco adesso mi vien da pensare alla morte (pensate pure che sono pazza) e poi al film "Harry ti presento Sally" dove mi pare che Harry pensasse spesso alla morte e la differenza con chi non ci pensa è che…quando avverrà saremo pronti…bè, potrebbe essere.
Molte volte la gente ha paura di questo argomento, quasi stessimo parlando di Lord Voldermort e ci chiamassimo tutti Harry Potter.
Ma la morte, figli miei, non è niente…e quindi è tutto. Voglio dire, è parte della vita, incredibile eh?
Non voglio andare in regionamenti esoterici o religiosi, non ne sono in grado al momento, però, certo, fa paura pensare alla morte. Anzi, non tanto ad essa quanto ad un eventuale "dopo".
Cosa c’è dopo?
Niente? paradiso? inferno? reincarnazione?
A tutte queste domande c’è una sola risposta: boh.
E pur essendo io credente, mi ritrovo ad essere alquanto scettica…dovremmo credere alle storie di "luci in fondo al tunnel"?
Non lo so, tutto il rispetto per chi ci crede, per chi l’ha visto, per chi c’è stato, ma io, a volte ho paura di non riuscire a credere proprio in niente.
sarà questo il mio problema, ho imparato tanto bene a non credere che mi risulta difficile poter credere in qualcun altro, o in me stessa.
Mah. Problemi su problemi. Non pensiamoci, è natale. E poi è tardi. Magari ci ripenso su un attimo e via.
E poi perchè fanno film come Harry ti presento Sally?
A me quando succederà na cosa del genere?
Devo aspettare 12 anni?????
Vabbè.
Gallina vecchia fa buon brodo.
Sarà.
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Is that alright?

Sarà che praticamente ho ascoltato tutta la discografia di Paolo Nutini ( e si sa che, insomma, il caro Nutini non è che sprizzi gioia da tutti i pori in ogni sacrosanta canzone), sarò che sono mortalmente stanca, ma mi sta venendo una di quelle crisi depressive che solo a me possono venire.
Mi sale su istintivamente un certo senso di inadeguatezza, no, che dico, di insoddisfazione, di confusione.
Il problema fondamentale è che neanche io mi capisco. A volte sono l’animale sociale per eccellenza. A volte sono la più solitaria fra gli eremiti.
A volte mi sento tremendamente fuori luogo. Come se nessun posto potesse definirsi "casa mia". A volte me ne scappo, fuggo, per dimenticare, ma poi ogni volta, trovo quel ricordo sempre più dolce e più bello. Il più delle volte neanche io so cosa fare, nè cosa pensare, nè cosa dire.
Mi trovo invece benissimo in quelle sitiazioni in cui niente è programmato, dove devo creare tutto al momento, e il ragionare, il riflettere, il distrarmi, mi fa sentire meglio. Forse è proprio così, com’è stato già una volta, devo tenermi impegnata. Pensare che pensare mi faccia bene. Correre a destra e a manca, valutare, soppesare, contrattare, riflettere e trarre conclusioni. A costo di dimenticarmi persino di me stessa e dei miei bisogni. Devo tenermi impegnata.
Per poi distrarmi da cosa? Dovrei dirmelo una volta per tutte.
Penso sempre a quella canzone che ho trovato sul Pc: "Cuore a metà" delle divinità "Bandabardò". E’ così che mi sento perennemente, col "cuore a metà, diviso tra sogno e realtà, tra un corpo da mille carezze e le mille incertezze della libertà". Costantemente in bilico tra quello che vorrei e quello che sarebbe meglio, costantemente divisa tra una realtà che dipingo dei miei coloi e quella autentica in bianco e nero. Divisa tra il desiderio di trovarmi qualcuno da amare e l’amore per la mia libertà. Al centro di una contesa di "tira e molla", in mezzo alla rissa col punto interrogativo in fronte.
Che poi è inutile che mi dia la soluzione al problema, anche se fosse quella giusta, non riuscirei ad attuarla. Troppa fatica. Troppo dolore.
Ancora.
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Confessioni di una diplomata.

Solitamente non sono una tipa sentimentale. Però, ora, mi sta venendo un’assurda nostalgia.
Il 14 settembre migliaia di ragazzi varcheranno la soglia delle loro scuole. Scuole che odieranno e malediranno ogni santo giorno (forse la domenica no). Il 14 settembre molti di loro compiranno un passo importante. Il primo giorno d’asilo. La prima elementare. La prima media. Il primo superiore. Il quinto superiore.
Il 14 settembre non so dove cazzo sarò. Forse dormirò. O forse dovrò svegliarmi presto. Eppure il 13 settembre non sentirò l’asia trepidante del primo giorno di scuola.
E poi, mai avrei pensato di dirlo. Mi manca di già.
L’ultimo anno al liceo probabilmente è stato il più bello dei cinque.
L’ho vissuto con la gioia di chi sta per liberarsi da un grosso peso. L’ho vissuto con tanta consapevolezza. L’ho vissuto al meglio. Dando il meglio.
E stasera proprio mi invadono la mente i mille ricordi di un anno pieno in ogni piccolo particolare.
Mi viene in mente il primo giorno, i litigi, la vendita illegale di panini e fagottini (e l’acquisto, che provocò un generale aumento di peso).
Mi manca tremendamente la settimana di preparazione al makP. Buttati in quella palestra a fare tutto e fare niente, a lamentarsi, come sempre, e a rimboccarsi le maniche. Adoro quei ricordi. Anche se ci ho pianto in uno di quei giorni. Adoro anche quel ricordo. Il ricordo della notte peggiore della mia vita. Notte in cui, sinceramente, avrei preferito morire.
Gli scherzi e le risate, le grandissime figure di merda.
Poi il ritorno con la chiusura del quatrimestre. E le interrogazioni, i programmi da rincorrere, i compiti da affrontare. I professori da affrontare.
Le prove d’esame, i consigli, i rimedi, le raccomandazioni. Le assemblee mai presiedute, gli scioperi inutili, l’indignazione, la rassegnazione.
Il tempo che volava, mese dopo mese, tra scartoffie varie, ricerche e tesine in fase di costruzione.
Le mille lacrime, la disperazione, poi i sorrisi e le risate. Il sentirsi più grandi.
I corsi pomeridiani. Come ho fatto a dimenticare il corso di comunicazione? Il corso di fisica, il DELF con Gilda, il potenziamento di matematica (che alla fine ci sentivamo solo più deboli!), il potenziamento di italiano (potenziamento, che bella parola!).
E poi ancora le giornate passate a sudiare senza voglia, le tesine che avanzavano lentamente, la scuola che finiva, ma non per noi.
Le ore passate a far piani di studio che alla fine saltavano sempre. Il continuo ascoltarsi, consigliarsi, consolarsi.
Il 25 giugno di nuovo insieme.
Temo di aver dimenticato il volto dei miei esaminatori.
Temo di aver rimosso buona parte del mio esame.
Ricordo solo che mi sono divertita!
Si, lo dichiaro l’anno scolastico migliore della mia carriera.
Ho avuto le mie rivincite, ho smentito chi volevo smentire (tra parentesi, io, la filosofia…LA AMO!). Ho fatto le mie figurelle.
E sono soddisfatta.
Mi mancherà tremendamente tutto questo, eppure non ho paura di ciò che mi aspetta.
Temo che mi mancheranno anche i professori che, diciamocelo, a volte sanno essere veramente stronzi! (Certe cose non si scordano)
Mah si, quel che è stato, è stato. Ed è stato bello!
Ora però, verso l’infinito e oltre.
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Vorrei…

10.
Imparare a cucinare come mia madre.

9.
Avere un armadio come quello di Carrie (incluse scarpe e vestiti….ma soprattutto le scarpe!)

8.
Sentire mio padre pronunciare le fatidiche parole : “Sono fiero di te”.

7.
Riuscire a trasferirmi, magari da sola, in un posto che avrò riconosciuto come il mio “posto nel mondo”.

6.
Farmi un’idea su alcuni argomenti… come la figura del “Che”, la vita privata dei “pubblici” e i film porno.

5.
Ri-imparare a credere in cose come “l’amicizia”, “la fiducia” e il “per sempre”.

4.
Percorrere un altro “Camino de Santiago”

3.
Trovare colui che mi farà capire che “Come saprei amarti io, nessuno saprebbe mai”.

2.
Fare un duetto con almeno uno fra i mie cantanti preferiti…tra quelli ancora in vita, ovviamente.

1.    
. . . .

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Santiago de Compostela

19 agosto.
Sono 12 giorni che ho fatto ritorno dalla Spagna. Santiago de Compostela, el Camino Inglés.
Neanche io saprei da dove cominciare, forse perchè è stata l’esperienza più meravigliosa della mia vita. Ancora non ho parole, e sarebbe inutile descrivere ogni giorno per filo e per segno.
Più che un viaggio in senso materiale è stato un viaggio prettamente interiore. Ho conosciuto Marianna. Quella vera, quella sincera, quella che capisce. E’ stata una rivelazione.
E’ stato bello Condividere con gli altri tutto, imparare a stare insieme, sentire all’unisono e conoscersi sempre più.
Valutare il fatto che la prima impressione che si ha, almeno per quanto mi riguarda, è sempre sbagliata.
Stare con gli altri mi ha fatto capire quanto possa essere complicato conoscere qualcuno, quanta fatica si può fare per aprirsi agli altri, e quanto sudore bisogna fare colare per conoscere se stessi. Facile non est se ipsum novisse.
In viaggio da Ferrol fino a Santiago, 126 kilometri passo dopo passo, vescica su vescica, goccia su goccia.
Il mio viaggio è stato sofferto, indubbiamente, i miei piedi erano devastati da calli e vesciche come non mai.
Eppure volevo camminare, volevo che il mio viaggio interiore continuasse nonostante il dolore, nonostante la voglia di fermarmi.
Ho affrontato tappe in compagnia, tappe da sola, tappe in cui ero sola nonostante fossi in compagnia. E tutto aveva un ritmo speciale.
Il cammino, la natura, la riflessione, la presa di coscienza. Non c’è stato pensiero che non abbia sfiorato la mente, non c’è stata persona a cui non abbia pensato. Ma al contrario del mio solito, i miei pensieri non erano confusi, nè inaccessibili, erano chiari e limpidi e la mia mente non era mai stanca. All’arrivo, a Santiago, non riuscivo a realizzare il fatto che fossi arrivata. Era finita la sofferenza, era finito il viaggio.
Mi sono commossa profondamente, eravamo arrivati. Arrivati.
Eppure, nonostante la meta fosse stata raggiunta, non avevo capito il vero scopo del mio viaggio. Perchè sei qui?
E l’illuminazione è arrivata presto, a Finisterre, il punto più occidentale dell’Europa. Lì dove c’è il vero orizzonte, dove mare e cielo si scontrano e stanno in equilibrio. E’ lì che ho capito.
Il viaggio, la crescita, ero lì per mettermi alla prova, per capire le mie qualità che non riuscivo a scorgere. Lì ho capito che dovevo abbandonare il limbo in cui da almeno 2 o 3 anni mi imponevo di stare. Lì ho preso le mie decisioni. Lì, non lo nascondo, ho pianto, per paura.
Manterrò le mie promesse?
Forse, dopo aver dimostrato una tenacia che non credevo di possedere, sì.
Il cammino non è stato nè un punto di arrivo, nè un punto di partenza. E’ stato il mio bivio: smettere di essere la linea dell’orizzonte e scegliere se diventare mare o cielo.
Ora spetta a me imparare a seguire il cuore senza che litighi con la mente.
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Ovviamente.

Bè…io una volta facevo interventi intelligenti, di un certo spessore per capirci.
E ora, tutta la mia verve da scrittore satirico si è rintanata in qualche angolo del mio incoscio.
Io una volta mi crogliolavo beatamente nei miei ricordi felici e non, e da grande masochista mi piaceva!
Ora invece non lo so, il vecchio mi sa di insipido, il presente mi sa di stretto…il futuro ce l’ho fisso in testa. Eppure mi spaventa.
Ma sapete, ad un certo punto arriva il momento della svolta. E io sto aspettando la svolta.
Ne ho passate di cotte e di crude, e mi sono divertita. Oddio. Ancora mi sento un pò frastornata…ma decisamente meglio.
Eppure una volta si che ero una filosofa, e ragionavo. Ciò sapevo ragionare. Ora è come se avessi la mente piena d’ovatta. Sarà che sono in periodo di esami. Ma a questo punto mi chiedo: e che cazzo faccio l’anno prossimo?
Vabbè, poi ci penserò, fortunamtamente la prendo con filosofia.
Poi da quando ho scoperto le meraviglie dello Stream of Consciousness chi mi ferma più?
Vago nel mare di pensieri più inutili. Oppure ce n’è uno solo nella mia testa. Uffa. Proprio uno.
Forse è che sono diventata intollerante e selettiva. sto disprezzando quello che fino a poco fa amavo…ma forse è normale. Cacchio. All’inizio dei miei 19 anni sarebbe ora di darmi una mossa. E invece di mettere la testa apposto me la sto maciullando a suon di speranze, sogni e ribellioni.
In realtà mi sento come se dentro avessi qualcosa, non so, tipo una bomba ad orologeria, o una bestia disumana , una forza incontrollabile che tenta di uscire fuori. Ma non può. E mi sento soffocare.
Sarà questo il problema, mi sento soffocare, mi sento come un animale selvatico chiuso in gabbia dopo una vita in libertà.
Mi sento mancare il respiro, e mi viene l’ansia…che non ho mai avuto.
Non lo so…o è così o è  pomì.
Dunque in attesa del ritorno della mia aurea mistica da filosofa stoica me ne vado a dormire. In senso figurato. Ovviamente.

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Era bello. 2.0

"Era bello cadere d’autunno sopra le foglie come le foglie"

Era bello non essere responsabili delle proprie azioni
Era bella la nostalgia, finchè non ha fatto male
Era bello ridere con te, quando era ancora facile
Era bello non doversi aspettare niente da nessuno
Era bello conoscersi senza per forza studiarsi
Era bello, era bello.
Era bella la sensazione delle tue mani calde sul mio viso. Cercare qualcosa di me. Era bello, era bello.

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